Ospiti Narrazioni 2013

Paolo Benvegnù è il chitarrista-cantante fondatore degli Scisma, imprescindibile gruppo alternative-rock italiano ormai sciolto, con cui ha registrato, prodotto e composto tre dischi su etichetta Parlophone-EMI. Dal 1996 al 2000 la band gardesana e' stata vincitrice di Arezzo Wave, e unica band italiana prescelta per i Festival europei Europa Connection, Le primtemps de Bourges (Francia), ha vinto il Premio Ciampi 1998, e svolto centinaia di concerti in Italia e in Europa.

Dopo lo scioglimento degli Scisma, Benvegnù si trasferisce a Firenze per collaborare con Marco Parente con cui tiene diversi concerti e registra l'album dell'artista fiorentino Trasparente, uscito per Mescal/Sony.

Paolo Benvegnù diventa anche uno dei quattro cantanti del Presepe Vivente (cantante), spettacolo di e con David Riondino e Stefano Bollani.

Instaurato presto un forte legame con tutta la scena artistica contemporanea di Firenze, Benvegnù costruisce un proprio studio di registrazione a Prato, e parallelamente alla nuova carriera solista, inizia quella di produttore artistico con tantissimi album lavorati, tra i quali Perturbazione, Terje Nordgarden e Brychan.

Il brano di Paolo E' solo un sogno viene inserito da Irene Grandi nel suo album del 2003, ed è stato anche incluso nel recente Best Of di Irene in una versione live registrata con Stefano Bollani.

Nello stesso periodo Paolo Benvegnù stringe un accordo con le label toscane Santeria e Stoutmusic che pubblicano il suo primo album solista Piccoli Fragilissimi Film nel 2004, lanciato dal singolo e video di Suggestionabili.

Il disco diventa immediatamente un "classico" del panorama indipendente, ricevendo un ottimo riscontro di pubblico, recensioni entusiastiche e piazzandosi tra i migliori album dell'anno.
L'album viene seguito da un lungo tour di oltre 150 date, che riceve il premio come Miglior Tour 2004 al MEI e si conclude ad ottobre 2005 a Firenze, con un ambizioso spettacolo intitolato Piccoli Fragilissimi Sport.

Nei successivi 3 anni Paolo Benvegnù è nuovamente impegnato sul versante live con il Kindergarten Tour ed il Nickerbocker Tour che registrano un numero impressionante di sold-out.
Tra il 2006 ed il 2007 c'è il coinvolgimento di Paolo come artista e come produttore nel disco Cime Domestiche (RadioFandango/Edel): una riuscita reinterpretazione di brani folk del Trentino in compagnia di Petra Magoni e Ares Tavolazzi.

Benvegnù nel 2007 crea anche 2 fiction casalinghe, Idraulici e Marinai: un surreale mix di cabaret e musica inscenato con grande successo da Paolo e la sua band in case private in diverse occasioni.

Ad ottobre 2007 Paolo Benvegnù da alle stampe un nuovo EP sulla propria nuovissima etichetta La Pioggia Dischi, intitolato 14-19, accompagnato dal singolo La Distanza e da un inusuale tour composto da 3 show diversi in 3 città.

Il disco raccoglie ovunque ottime recensioni e crea grande attesa per il nuovo album Le Labbra,che esce a febbraio 2008 con distribuzione Venus. L'album viene accolto immediatamente come uno dei migliori dischi italiani degli ultimi anni e viene accompagnato dal singolo de Il Nemico, presentato live anche a Scalo76 su RAI2. A sostenere questo nuovo lavoro c'è anche un lungo ed affollato tour che porta Paolo Benvegnù nei principali club e festival italiani (come il V-Day a Torino con Beppe Grillo e l'Ypsig Rock con i Deus) e che si conclude un anno dopo.

Nel 2008 pubblica con Marco Parente l'album omonimo del progetto Proiettili buoni. Ad inizio 2009 partecipa al progetto Il paese è reale ed al relativo disco Afterhours presentano: Il paese è reale (19 artisti per un paese migliore?), voluto da Manuel Agnelli degli Afterhours per sostenere e promuovere le realtà indie rock della scena underground italiana, con il brano Io e il mio amore. Nello stesso anno la sua Il mare verticale viene ricantata prima da Marina Rei, e poi da Giusy Ferreri per i rispettivi album: Musa e Fotografie.

Il 3 aprile esce il nuovo EP intitolato 500 e lanciato dal singolo Nel silenzio, prodotto da Fabrizio Barbacci (Ligabue, Roy Paci) ed il tour porta Paolo al Primo Maggio a Roma, sul main stage di Italia Wave per poi concludersi nel dicembre 2009 al Circolo degli Artisti di Roma con Dissolution, un memorabile concerto con una formazione allargata con archi e fiati che diventa un disco live, pubblicato nel giugno del 2010.

Nel maggio 2010, Mina reinterpreta il brano di Benvegnù Io e te, contenuto nel primo disco da solista, nel suo nuovo CD Caramella, ed il video di Io e il mio amore, singolo inedito del cd Dissolution, vince il Premio Miglior Fotografia al Premio Italiano Videclip Indipendenti 2010 (M.E.I. di Faenza).

Hermann, il terzo LP di Benvegnù, viene pubblicato il 18 febbraio 2011.

Due donne si incontrano, si innamorano, diventano una coppia felice. Ma l'ex marito di una delle due non ci sta. Inizia la persecuzione, sempre più pesante, sempre più ossessiva. Il passo da stalker a carnefice è breve.

Lo spettacolo "Ex moglie si innamora (da morire) di ex moglie" è scritto da Betta Cianchini, con Francesca Romana, Miceli Picardi e Laura Jacobbi alla regia. Un lavoro corale, al femminile, per raccontare il femminicidio attraverso la storia di Maria, la protagonista, e per ricordare che solo nel 2012 sono morte ammazzate in Italia 124 donne, oltre il 70% uccise all'interno delle mura domestiche.

"Non nel mio nome", "non con il mio silenzio/assenso" sono i presupposti che danno vita a questo testo/inchiesta dove si parte dalla scoperta dell'omosessualità di una ex moglie e si arriva al femminicidio. "Dapprima un monologo ironico e divertente, quasi un "one woman show", che in un crescendo di emozioni rivela quella che, senza esitazioni, può essere definita una 'pratica quotidiana' attraverso la quale un marito, un amante, uno stalker, si sbarazza della sua ossessione", afferma l'autrice Betta Cianchini.

Ripreso e modificato da Il Fatto quotidiano

Giuseppe Gulotta

Giuseppe Gulotta aveva 18 anni quando venne prelevato e portato nella caserma dei carabinieri di Alcamo come sospettato dell'omicidio di due militari dell'Arma. Venne picchiato e seviziato per ore finché non confessò quello che non aveva fatto. Poi ritrattò invano. Il processo nel '90 con la condanna a vita. Nel 2007, con il pentimento di uno dei carabinieri che parteciparono all'interrogatorio, il nuovo processo e, oggi, la sentenza: "Non è colpevole. Lo Stato deve restituirgli libertà e dignità"

Dopo 21 anni, 2 mesi, 15 giorni e sette ore di carcere, Giuseppe Gulotta, adesso cinquantenne, ha ottenuto giustizia e dignità. Alle ore 17,35 di oggi la Corte d'Appello di Reggio Calabria dove si è celebrato il processo di revisione, ha pronunciato la sentenza. Giuseppe Gulotta è innocente, e da oggi non è più un ergastolano, non è l'assassino che il 26 gennaio del 1976 avrebbe ucciso, assieme ad altri complici, due carabinieri, Salvatore Falcetta e Carmine Apuzzo, in un attentato alla caserma di Alcamo Marina, un paese al confine tra le province di Palermo e Trapani.

LA VIDEOINTERVISTA A GIUSEPPE GULOTTA

"Gulotta non c'entra nulla; abbiamo il dovere di proscioglierlo da ogni accusa e restituirgli la dignità che la giustizia gli ha indebitamente tolto" ha detto oggi la pubblica accusa prima che la corte si riunisse in camera di consiglio per emettere una sentenza di assoluzione che Giuseppe Gulotta attendeva da troppo tempo. Da quando, 35 anni fa, appena diciottenne, fu arrestato, condotto in carcere e, più tardi, dopo la durissima trafila dei diversi gradi processuali, condannato all'ergastolo definitivamente. E con lui gli altri tre suoi presunti complici: due sono ancora latitanti in Brasile; il terzo, Giuseppe Vesco, si suicidò in carcere qualche anno dopo il suo arresto.

Ad accusare Gulotta della strage fu appunto Giuseppe Vesco, considerato il capo della banda, suicidatosi - in circostanze non del tutto chiare - nelle carceri di ''San Giuliano'' a Trapani, nell'ottobre del 1976. A provocare la revisione del processo che si è finalmente concluso oggi con l'assoluzione di Gulotta, sono state le dichiarazioni, molto tardive, di un ex ufficiale dei carabinieri Renato Olino che nel 2007 raccontò che le confessioni di Gulotta e degli altri erano state ottenute a seguito di terribili torture da parte dei carabinieri. Olino, che si era dimesso dal'Arma proprio in seguito alla vicenda di Alcamo, non aveva retto al rimorso e aveva deciso di dire la verità. Gli altri carabinieri, oggi quasi tutti molto anziani, hanno fatto qualche ammissione o si sono rifiutati di rispondere. Ma la giustizia ha trovato elementi sufficienti per il processo di revisione e per questa assoluzione che, inevitabilmente, dovrebbe aprire la strada a un congruo risarcimento per gli imputati. Anche per gli altri due condannati, Vincenzo Ferrantelli e Gaetano Santangelo, fuggiti all'estero prima che la condanna diventasse esecutiva, ci sarà adesso la revisione. 

La notte del 27 Gennaio di quell'anno Carmine Apuzzo (19 anni) e l'appuntato Salvatore Falcetta, due militari dell'Arma, furono trucidati da alcuni uomini che avevano fatto irruzione nella piccola caserma di Alcamo Marina. L'attacco suscitò ovviamente forte impressione in Sicilia e in tutta Italia. Si puntò sulla pista politica e finirono nel mirino delle indagini alcuni giovani di sinistra. Pochi giorni dopo venne fermato un giovane alcamese, Giuseppe Vesco, trovato in possesso di una pistola in dotazione ai carabinieri. La sua casa venne perquisita e saltò fuori anche l'arma utilizzata per il delitto. Il giovane, però, si dichiarò estraneo ai fatti affermando soltanto che aveva avuto il compito di consegnare delle armi. In seguito alle pressioni dei carabinieri, Giuseppe Vesco cambiò rapidamente la sua versione: condusse gli inquirenti al luogo in cui erano conservati gli indumenti e gli effetti personali dei due agenti uccisi (in una stalla di proprietà di Giovanni Mandalà, un bottaio di Partinico), dichiarò di aver fatto parte del commando che aveva fatto irruzione nella casermetta e fece il nome dei suoi tre complici: Gulotta, Ferrantelli e Santangelo.

Dopo poco tempo Vesco ritrattò tutto e dichiarò che quanto da lui affermato era stato ottenuto in seguito di terribili torture. Nelle sue lettere dal carcere San Giuliano di Trapani descrive minuziosamente il comportamento dei carabinieri e come erano state estorte le confessioni dei fermati. Ma pochi giorni prima di essere nuovamente ascoltato dagli inquirenti, venne trovato impiccato nella sua cella, con una corda legata alle grate della finestra, cosa resa abbastanza difficile dal fatto che a Vesco era stata amputata una mano a causa di un incidente. E proprio a questa vicenda si legano le confessioni del pentito Vincenzo Calcara, che lascia intravedere una verità fino ad ora soltanto accennata, ma resa più concreta anche da alcune rivelazioni in cui si attesta una collaborazione tra mafia e Stato. Calcara avrebbe affermato che gli venne intimato di lasciare da solo in cella Giuseppe Vesco e che lo stesso venne ucciso da un mafioso aiutato da due guardie carcerarie. 

Anche quanto affermato dal pentito Peppe Ferro libera i quattro dalle gravi accuse: "Li ho conosciuti in carcere quei ragazzi arrestati... Erano solamente delle vittime... pensavamo che era una cosa dei carabinieri, che fosse qualcosa di qualche servizio segreto".

Dopo la chiamata di correità di Vesco, Giuseppe Gulotta fu arrestato e massacrato di botte per una notte intera. La mattina, dopo i calci, i pugni, le pistole puntate alla tempia, i colpi ai genitali e le bevute di acqua salata, avrebbe confessato qualunque cosa e firmò un documento in cui affermava di aver partecipato all'attacco alla caserma. Il giorno dopo, davanti al procuratore, Gulotta ritrattò tutto e provò a spiegare quello che gli era successo. Non venne mai creduto, neanche al processo che, nel 1990 lo condannò in via definitiva all'ergastolo. Poi, nel 2007, la confessione di Olino e la revisione chiesta e ottenuta dal suo avvocato Salvatore Lauria. Oggi l'assoluzione. Ma Giuseppe Gulotta ha trascorso gran parte della sua vita in carcere. Durante un breve periodo di soggiorno si è sposato con la donna che lo ha sempre "protetto" e che gli ha dato un figlio. Adesso, completamente libero, andrà a vivere a Certaldo, in Toscana, dove, da quando è in semilibertà, fa il muratore. "Sono felice di essere stato riconosciuto finalmente innocente. Ma chi potrà mai farmi riavere la gioventù che ho passato in carcere, chi potrà mai darmi quegli anni che ho perduto senza potere crescere mio figlio?".

Alessandro Margara

È magistrato dal 1958 e ha svolto varie funzioni sia nel ramo penale che in quello civile e, in particolare, quello di giudice istruttore penale presso il Tribunale di Ravenna (1961/65), poi presso quello di Firenze (1965/76). In entrambe le sedi ha svolto anche la funzione di giudice di sorveglianza, che era impegnato nella attività di sorveglianza sulla esecuzione delle pene, funzione prevista dall'art.144 del Codice penale, abrogato con la entrata in vigore del Nuovo Ordinamento penitenziario, di cui alla L. 26/7/1975, n 354.

All'entrata in vigore di tale legge, erano istituiti i nuovi Uffici di sorveglianza sull'esecuzione delle pene, articolati in: magistrato di sorveglianza, giudice monocratico, e sezione di sorveglianza, giudice collegiale, che univano alle competenze del precedente ufficio del giudice di sorveglianza le specifiche competenze in materia penitenziaria previste dal Nuovo Ordinamento penitenziario, particolarmente quelle relative ai benefici penitenziari.

Dal giugno 1976 al settembre 1980, Alessandro Margara era presidente della sezione di sorveglianza e magistrato di sorveglianza di Bologna. Dal settembre 1980 fino al settembre 1997 era presidente della sezione di sorveglianza, dal 1986 denominata tribunale di sorveglianza, e magistrato di sorveglianza a Firenze.

Nel settembre 1997, messo fuori del ruolo della Magistratura, era nominato direttore generale del Dipartimento della Amministrazione penitenziaria. Cessava da tale incarico, per non conferma da parte del Ministro della Giustizia, col 1/4/1999. Riammesso nel ruolo della Magistratura era assegnato, a sua domanda, al Tribunale e Ufficio di sorveglianza di Firenze, con le funzioni di magistrato di sorveglianza.

Nel periodo precedente l'entrata in vigore del nuovo Ordinamento Penitenziario, partecipava a vario titolo alle attività che prepararono l'approvazione e della legge: ricordo la collaborazione alla rivista «Quale giustizia», pubblicata da Magistratura democratica, la partecipazione al convegno sulle Misure di sicurezza che si tenne a Pisa, nel 1972, e ad atre iniziative, tra cui quelle concernenti gli ospedali psichiatrici giudiziari avviate dalla Direzione generale degli istituti di prevenzione e pena. Dopo la approvazione della legge di riforma, furono numerose sia le partecipazioni ad attività istituzionali, sia quelle di approfondimento in materia penitenziaria: fra le prime, la partecipazione alla Commissione mista fra Consiglio superiore Magistratura, Ministero della giustizia e magistrati di sorveglianza; fra le seconde la partecipazione a convegni e seminari: ricordo la partecipazione al convegno di Lecce nel dicembre 1970, sulle misure alternative; a quello di Firenze, del 1977, sui problemi di attuazione della Riforma penitenziaria; a quello di Arezzo, sulla nuova legislazione psichiatrica e in particolare sugli ospedali psichiatrici giudiziari; a quello di Parma, del 1980, sui rapporti fra Amministrazione penitenziaria ed Enti locali per un nuovo sistema di strutture penitenziarie; sono state numerose le partecipazioni ai seminari organizzati in materia dal Consiglio superiore della Magistratura. In questo periodo ha pubblicato un lavoro sulla funzione della Magistratura di sorveglianza, raccolto in una miscellanea di articoli sul Nuovo Ordinamento Penitenziario, coordinati da Vittorio Grevi; altro lavoro sul procedimento di sorveglianza era pubblicato nel Dizionario di diritto e procedura penale, curato da Giuliano Vassalli.

Attraverso la partecipazione alla commissione mista con CSM, Ministero grazia e giustizia e magistrati di sorveglianza, e vari interventi nei Seminari del CSM, Alessandro Margara ha partecipato ai lavori che hanno preparato la L. 10/10/1986, n. 663, c. d. Legge Gozzini. Dopo di questa sono proseguite le partecipazioni a commissioni su problemi penitenziari (ne veniva istituita una anche presso il Dipartimento Amministrazione penitenziaria, che aveva sostituito la Direzione generale istituti prevenzione e pena) e ai seminari del CSM.

Più recentemente ha partecipato, con propria relazione, ai lavori della Conferenza nazionale sulle tossicodipendenze di Palermo (1993) e alla preparazione di quella di Napoli (1997).

Alessandro Margara ha anche partecipato, in modo più intenso durante la fase in cui era direttore generale del Dip. Amm. Penitenziaria, alle attività preparatorie di altri testi di legge, giunti alla approvazione, o ancora in discussione: così, per la legge c. d. Simeone, nonché per quella relativa ai detenuti ammalati di AIDS, già approvate; così per i disegni di legge in fase di approvazione, relativi alle detenute madri, alla agevolazione per il lavoro di detenuti e di soggetti in misura alternativa ed altre ancora (recanti modifiche all'Ordinamento penitenziario). In particolare, ha coordinato un gruppo di lavoro presso la fondazione Giovanni Michelucci di Firenze, che ha messo punto un testo normativo di riforma degli ospedali psichiatrici giudiziari, presentato poi come progetto in Parlamento dalla Regione Toscana.

Nel periodo più recente ha pubblicato un articolo sulla situazione penitenziaria dalla Riforma in poi nella rivista «Il Ponte», n 7/9 del 1995 (Memoria di trenta anni di galera: un dibattito spento, un dibattito acceso) e un contributo nel volume Il vaso di Pandora: carcere e pena dopo le riforme (a pag. l55, col titolo Le parole, le cose e le pietose bugie).

L'altro diritto - Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità - ISSN 1827-0565

Andrea Milluzzi (Moderatore)

Toscano di Cortona (AR), classe 1981, è giornalista professionista dal Febbraio 2006.

Laureato in scienze della comunicazione a Siena, dopo essersi formato su testate locali e su radio Facoltà di Frequenza, la prima radio universitaria italiana, approda a Roma. Per quasi 8 anni lavora al quotidiano Liberazione, occupandosi di politica, lavoro ed economica.

Dal 2011 viaggia in Medio Oriente e vive a Beirut. Sta realizzando un progetto fotogiornalistico sulle comunità Cristiane dell'area. È co-fondatore della web radio Radio Beirut.

Collaboratore de L'Epresso, ha pubblicato i libri Cgil, 100 anni al lavoro (Ponte alle Grazie, 2006) e Stato d'Italia (Postcart, 2011). Collabora con Huffington Post

 

Come applicare nel concreto le teorie della "decrescita felice" e del movimento di Transizione e trasferirle all'ambito ridotto delle nostre case e delle nostre vite? La ricetta di Giulia Landini consta di sette ingredienti che non possono mancare nel bagaglio del nuovo ecologista: aceto, bicarbonato, acido citrico, limone, pasta madre, connessione Internet, scarpe da ginnastica. Inizia così un divertente viaggio attraverso le autoproduzioni domestiche, la cucina con gli avanzi, i vantaggi del riciclo e del baratto, l'importanza della condivisione e della costruzione di reti di quartiere.

Giulia Landini si occupa da anni di ecologia domestica. Giornalista professionista e blogger appassionata, si interessa, scrive e sperimenta la cucina sostenibile e naturale, e l'autoproduzione.

Gianmarco Busetto

È un regista, attore, poeta e drammaturgo. Vive a Marghera (VE).

Fondatore nel 2006 della compagnia teatrale e performativa Farmacia Zoo:E'. Autore di numerose performance e spettacoli teatrali da lui scritti e diretti tra i quali si ricordano "Pornografie"(2007), "Oggi è solo salsa piccante"(2008), "Le usanze dei rivoluzionari ai tempi del coma"(2009), "Beat Improvisation"(2010), "La Distanza"(2010), "Velluto DiVino" (2011), "(Voci) Di ritorno"(2011) e "Religions" (2012).

Docente di Teatro e Scrittura Creativa presso varie strutture pubbliche e private. Tiene corsi di Public Speaking e di Coaching Motivazionale per numerose aziende ed enti pubblici.

Ha pubblicato nel 1998 per i tipi di Pangloss di Cremona "Metti un giorno una bella Signora", per Equilibri di Reggio Calabria nel 2009 "Le usanze dei rivoluzionari ai tempi del coma" e nel 2011 l'opera collettiva attorno al tema della follia "Turning Back (Voices)" e il Cd "Anche le anatre d'allevamento migrerebbero d'altronde in autunno" recital per voce e pianoforte.

Cabeki

Cabeki è una macchina musicale assemblata da Andrea Faccioli, chitarrista / compositore veronese. I suoi ingranaggi si muovono fra strumenti convenzionali e non, in una sequenza di ambientazioni sonore, dal Mississippi al Marocco, dal kraut al blues, dalla musica da camera e all'elettronica minimale.

Dopo molti concerti in tutta Italia, il 16 febbraio 2013 Cabeki approda a Radio Tre Rai, ospite del programma Piazza Verdi, per un'intervista e un breve concerto.

Con tre brani tratti da "Il Montaggio Delle Attrazioni (2011)" e "Una Macchina Celibe (2012)" partecipa alla colonna sonora del documentario del regista Angelo Poli "I Core, My Climbing Family", il documentario sul climber e pluricampione di boulder Christian Core.

All'età di nove anni ha iniziato a studiare chitarra classica, e dopo sette anni ha continuato autonomamente lo studio dello strumento, avvicinandosi anche allo strumento elettrico e folk. Appassionato di macchinari ed effetti analogici e di strumenti meccanici, alla ricerca di timbriche e suoni, si circonda di strumenti come il banjo, la chitarra lap steel, cumbus (oud turco), mandriola (mandolino a 12 corde), bouzouki, e strumenti non convenzionali come l'ukelin, l'autoharp e la bell harp (strumenti americani dei primi del '900, derivati dal zither  e dal salterio).

Progetti e collaborazioni: Cabeki (Tannen Records), Stefano "Cisco" Bellotti (ex voce dei Modena City Ramblers), Å (die schachtel records), Einfalt (El Gallo Rojo Records), Veronica Marchi, Francesco Magnelli e Ginevra Di Marco (CSI, PGR), Julie's Haircut, Xabier Iriondo (Afterhours), Andrea Belfi, Tony Conrad, Rhys Chatham (Guitar Trio), Philip Corner, Damo Suzuki (Can), Lecrevisse, Il Generale Inverno ed altri.

Associazione Nausika
Via Ombrone 24/26, 52100 Arezzo
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