Arturo Bandini è il personaggio che ci ha lasciato in eredità lo scrittore John Fante, figlio di immigrati italiani, un americano che ha scalato il successo grazie alle sue doti di narratore. Scrittore arrabbiato di grandi romanzi e racconti, Fante ha lavorato come sceneggiatore per Hollywood ed avrebbe rischiato di morire dimenticato da tutti se non l’avesse riscoperto Charles Bukowski negli anni Ottanta (e poi, in Italia, Pier Vittorio Tondelli).
Dagli anni Novanta le principali agenzie comunicative del mondo – la tv, il cinema, la radio, l’industria musicale, ma anche la politica… - hanno messo in atto una vera e propria svolta narrativa. La stessa svolta l’abbiamo osservata nelle scienze sociali (l’antropologia, la psicologia, la sociologia) e perfino nelle scienze naturali, che hanno accettato l’esistenza di un pensiero narrativo capace di dare un senso al mondo dell’esperienza. Il risultato è che oggi siamo bombardati da racconti creati per noi da grandi esperti di narrazione.
Le narrazioni delle multinazionali e della politica ci costruiscono giorno dopo giorno. Mentre noi disimpariamo le regole e le funzioni della narrazione.
I tradizionali corsi di scrittura creativa sono nati per formare ad alcuni mestieri che possiamo definire “letterari”: il romanziere, lo sceneggiatore, il giornalista, il paroliere... A questi mestieri, che sono strettamente collegati all’uso estetico della parola scritta, si affiancano oggi nuovi mestieri, che usano la narrazione scritta, orale o figurativa per gestire le aziende (storytelling management), per promuovere prodotti, per fare animazione territoriale, per fare politica.
Il corso annuale della Scuola di Narrazioni Arturo Bandini vorrebbe essere utile a due cose per noi fondamentali:
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